Il mio San Vito – 8-9-10-11 – Le spine e i grilli.
Qui giocavano gli intimi di San Vito. Io, mio cugino Giuseppe e il temutissimo Luigi Pisciareddrha che ci abitava praticamente di fronte. Naturalizzati a livello di noi indigeni c’erano i fratelli Donatuccio e Cermelo da Tilde e Antonio Mauro da Italia. Ci passavano tanto tempo, buttati fuori di casa, che erano compagni fissi di gioco. Il tutto sempre nel più assoluto rispetto dell’anzianità.
Donatuccio da Tilde, cosidetto per via della mamma Clotilde, aveva una innata maestria a costruire archi, frecce, fionde e ogni armamentario e il primo a possedere un fucile ad aria compressa. Carmelo, invece, spiccava per l’abilità percussionistica su ogni oggetto e con qualunque bacchetta. Luigi Rizzello, il Rasputin di Largo San Vito, era considerato, oltre che per la sua maggiore età anche per la sua spietata risolutezza. Su di lui, l’anedottica ortellese è vasta e molto diversificata. Restando nell’ambito di San Vito, se lui decideva che qualcuno doveva mangiare code di lucertola come patto di affiliazione le code si dovevano mangiare per forza. Il giorno che una motopala sprofondò affianco alla cappella di San Vito nella vecchia cripta usata come cimitero fu lui il primo a fiondarsi al suo interno e a tornare dal buio con un teschio in mano. Come stomaco, invece, Salvatore da Tranquilla era imbattibile. Per quei pochi anni dell’infanzia che passò con noi si distinse per essere l’unico a farsi passare i gechi vivi sulla faccia.
Non sempre San Vito era terra di barbari. Nei pomeriggi venivano anche le ragazze e nell’intorno della Madonna della Grotta (1) e le case minime (9) si giocava anche a cose più innocenti. C’erano ancora le rocce, i timi e le poverissime piante che riuscivano a sopravvivere senza terra. Era il regno dei ruculi, quelli scuri, che si riproducevano su quella spianata e poi volavano via appena cresciuti. Coi ruculi ci giocavamo, non tanto a catturarli, quanto a indovinare il colore delle ali. O rosa o azzurre, inferno o paradiso.
Tra maschietti si facevano le ore tarde tra le pareti di roccia (8) affianco la Grotta dove una piccola cavità fungeva da caminetto. Ci bruciavamo dentro di tutto; gli scarponi di cuoio ci bruciavano tutte le notti. Qui si cuocevano le lucertole per sfizio o per bisogno.
Al capo opposto, i resti di una ora (10), ormai quasi riempita di detriti e povera spazzatura. Sui coperchi rotti e i cassoni delle cariole arrugginite si scivolava da sopra a sotto lungo i coni degli scarichi. Mia madre mi parlava di una seconda ora finita sotto il campo di calcio, ma io non la ricordo.
Tra la ora e gli scheletri delle case minime c’era un prato di spine. Quelle alte col fusto diritto. Noi le chiamavamo di San Giovanni. Erano più alte di noi e il passatempo era tagliarle per farci dei sentieri e nasconderci dentro. Il gambo era perfettamente verticale e abbastanza robusto da farci le frecce per gli archi. A volte raccoglievamo i gambi più adatti per conto delle mamme che ancora tessevano in casa. Queste bacchette, legate a due corde parallele, aiutavano a srotolare i rocchetti di filo di cotone per fare l’ordito dei telai.
Le case minime (9) non erano roba nostra. Erano in affitto o comodato come depositi a un paio di famiglie e serrate con delle buone porte. Da quanto ho saputo, furono realizzate con dei cantieri di lavoro e servirono pure come scuola per apprendisti cementisti. Dovevano essere due case popolari da dare a bisognosi, ma credo che non furono mai utilizzate e forse mai finite. Le ricordo in perenne abbandono. Una era in uso a Cosimino a Betta, al secolo Cosimo Saccomanno, a cui era sta concessa la rarissima grazia divina di saper trasformare l’aceto in vino. Non era questa l’unica virtù di Cosimino, la seconda più praticata verso la vecchiaia era l’affanculamento. “Avanzi niente da me? No? e allora…..“.
Ridotte a ricovero per topi, le case minime andarono giù coi lavori principali di ruspamento di San Vito. Con loro i timi, le spine e i grilli.
Il mio San Vito 1-2-3 – La Madonna della Grotta
Il mio San Vito 4-5-6-7 – Il Tabacco
Il mio San Vito – 8-9-10-11 – Le spine e i grilli.
Il mio San Vito – 12 – Le cicureddhre
Il mio San Vito – 13 – 14 – 15 – La Cappella
Il mio San Vito – 16 – 17 – La spianata
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