22 Aprile 2025 in Architettura, Blog, Notizie, Territorio

La Stalla Domestica 2/3

L’edilizia rurale accessoria

I tre esempi precedentemente analizzati non possono prescindere dalla presenza di uno o più manufatti accessori presenti in ambito rurale. Per quanto il perfezionamento del modulo edilizio urbano sia stato sviluppato negli anni alcune funzioni restano esterne all’abitazione e spesso delocalizzate nei terreni di proprietà fuori del centro urbano.

 

Sono anch’essi dei prototipi di edifici più o meno arrangiati, spesso tirati su con murature di  tufi cavati in loco e senza malta di giunzione. Sono casette (caseddre) o essicatoi (siccatoi) dove si stocca il grosso delle ramaglie (sarcine) della rimonda degli ulivi che serviranno ad alimentare i focolari domestici per tutto l’anno, dove si conserva il deposito principale di paglia e foraggio, e spesso presentano un piccolo vano con finitura più civile dotato di letto o pagliera e di un camino dove nella buona stagione alcuni familiari vi passavano anche la notte vista la scarsa disponibilità di spazio nella casa in paese.

 

 

 

U ciucciu porta a paja, u ciucciu se la raja.

Il trasporto quasi quotidiano di vario materiale (paglia, fieno, legna, ramaglie, letame, ecc) dalla casa ai campi e viceversa ha imposto nell’economia aziendale la presenza di un traìno animale adeguato alla capacità produttiva. L’animale concorre alla formazione di un prodotto diretto (latte, formaggio, figliature, ecc…), al lavoro nei campi (arature, trasporto, concimazione, trebbiature, ecc..) e quindi anche alle proprie necessità. L’asino che trasporta la paglia è lo stesso che se la mangerà.

Alla bisogna il contadino o il piccolo massaro si dota comunque di una piccola trainella e di un asinello se non di un vero traìno da trasporto. Nel primo caso si soddisfano le sole esigenze di movimentazione dei materiali, nel secondo caso il contadino può trasportare ed arare in proprio o anche conto terzi. 

 

Per ragioni di spazio, nelle piccole aziende, la trainella è spesso ricoverata in un apposito spazio protetto accanto alla casetta di campagna che tra ricovero coperto o scoperto per l’animale da tiro, la pagliera e il vano civile assume una certa dimensione.

L’animale è più spesso utilizzato coma soma, col carico direttamente sulla groppa oppure bardato in uscita dalla cantina fino all’arrivo nei campi dove verrà giunto al traìno quando necessario. Nella stagione estiva può passare la notte anche nei ricoveri di campagna e nelle lunghe giornate di lavoro non era raro che ci si portasse dietro da casa oltre che gli ovini anche la mucca da latte. Non è difficile immaginare queste processioni di genti che alle prime luci dell’alba prendevano le vecchie strade vicinali coi loro animali e vi ritornavano al tramonto.

 

 

 

L’animale di grossa taglia portato con se nei campi non solo ara o trebbia i cereali nelle aie, ma col pascolo diretto nei campi consente di realizzare economie sulle scorte alimentari di paglia e foraggio e un controllo diretto sul benessere dei capi.

Nei periodi di scarso impegno nelle operazioni colturali era frequente che lo stesso contadino si dedicasse personalmente all’attività estrattiva producendo conci per le muratura di recinzione dei campi o per piccoli manufatti, come pure per realizzare fosse per le concimaie del letame, e ancora pozzi per la ricerca di acqua sotterranea o vere e proprie cisterne. Nei vecchi catasti onciari è ancora presente la distinzione tra muratori di case rustiche (di campagna dal latino rus) e muratori di case civili o case palazzate,  ma in molte parti di questi accrocchi di campagna si legge chiaramente la mano poco professionale del proprietario.  

 

La paglia per gli animali e la legna e le ramaglie che alimenteranno i focolari e i forni devono restare asciutte, gli animali al riparo dalle intemperie o dal sole, le attrezzature al sicuro, all’aspetto estetico è lasciato quasi nullo. Il solo vano da abitare è voltato in muratura e spesso intonacato, stalli e depositi sono coperti alla buona con embrici (irmici) e i recinti restano scoperti o pergolati con le viti. I lastrici e gli scoperti vicini alla costruzione alimentano l’indispensabile cisterna di acqua pulita.

 

Il modello culturale e colturale si perpetua nelle pratiche agricole, nell’edilizia e nelle modalità allevamento per molti decenni e non perché sia  impermeabile alle contaminazioni. Gli stessi contadini frequentano i campi della Lucania, i frantoi del brindisino, i palmenti del tarantino.

I maschi con l’assolvimento della leva  militare vengono a conoscenza di pratiche e macchinari più moderni ed efficaci di quelli utilizzati nei propri campi, tuttavia il modello si persevera per arretratezza endemica, marginalità geografica, scarsa fertilità dei suoli e assenza di risorse idriche.

 

Cosimo De Giorni nei suoi viaggi per tutta la provincia di Lecce nel 1882 scriveva che in Ortelle si coltivavano i campi ancora come ai tempi di Abramo. Resta il dubbio se si riferisse a un arcaico sistema prioritario di pastorizia rispetto alla coltivazione diretta della terra, ma se a metà del novecento in molti campi ortellesi si aravano le terre ancora con le vacche forse ci aveva visto giusto.    

 




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