Omonimie e naufragi
Non è una bella cosa in una ricerca genealogica trovare il nome del padre uguale a quello di un figlio. I casi sono due, o hai sbagliato tutto di una generazione oppure stai scrivendo il nome di uno sfortunato nato già orfano. E questa è proprio la storia di De Santis Giacomo padre e figlio, ma anche del fratello e zio De Santis Angelo, di un Panaro dal nome ignoto e di un quarto castriota morti in mare il 15 gennaio del 1932. La più grande tragedia in mare che si ricordi, e dopo quell’avvenimento si trovarono i soldi per dare mano alla costruzione di una decenza di porto, quello che ora è noto come Porto Vecchio.
I ricordi parlano di una giornata di pesca al largo dei laghi Alimini con la tramontana in rinforzo. Il battello si rovesciò buttando a mare tutti e quattro. Giacomo, quattro figli piccoli e uno in arrivo, il più forte di tutti e riuscì a legarsi un remo sotto la pancia e a nuotare fino all’imboccatura del porto di Otranto. L’equipaggio della motonave che uscì dal porto appena lo avvistò lo tirò su nel momento in cui spirava. Non ci fu modo di portarlo a Castro, non si trovò un carretto, un camion o una carriola. Fu sepolto a Otranto per più di dieci anni, poi la moglie Annnuziata Rizzo, che lo pianse fino all’ultimo giorno della sua vita, si portò le sue ossa al paese. Degli altri tre non si trovò mai il corpo.
Angelo lasciò quattro bambine orfane, la moglie di Giacomo, Annunziata, incinta, chiamò il nuovo nato Giacomo come il padre.
Se qualcuno mi aiuta ad identificare gli altri due mi farà un grosso favore.
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