i Peppentoni (Lazzari) a Castro
Come spesso succede la contrazione di un doppio nome di battesimo genera un nuovo nome che spesso, per la peculiarità, diventa un vero e proprio soprannome familiare. In Castro la diffusione del nome Ippazio e del doppio nome di battesimo caratteristico dell’800 ha generato molte sintesi. Tra queste Patuccio, probabile contrazione di Ippazio (Pati) Antonio (Uccio), oppure Pativito (Ippazio Vito), in quanto spesso il nome Ippazio deriva facilmente nel diminutivo Pati. Giuseppe Antonio Lazzari non scappò a questa regola e divenne Peppentoni e da qui così soprannominati i suoi numerosi discendenti.
I Peppentoni sono un ramo particolare dei Lazzari in Castro, tra i primi abitatori in forma stabile della marina. Figli di Pantaleo, Giuseppe Antonio, Giovanni e Annunziata colonizzarono, assieme ai Capraro, la nascente colonia marina assumendo una particolare individualità nei numerosi rami dei Lazzari in Castro.
L’esame della genealogia individua alcune caratteristiche già osservate nella ricerca genealogica in corso. Famiglie molto numerose, matrimoni tra consanguinei e alcune particolarità già riscontrate in altri gruppi familiari.
Non bisogna pensare ai Peppentoni come un gruppo chiuso, autogenerato, benché a un esame sommario si veda ricorrere in modo esclusivo il solo cognome Lazzari tra gli ascendenti e i discendenti. La madre di Peppentoni (Frassanito Carmela) è di Marittima, sua moglie Lazzari Annunziata proviene da un ramo ben distinto dei Lazzari (figlia di Lazzari Ippazio Antonio e Fersini Filomena). Come spesso si è rilevato l’apporto genetico femminile extracittadino è molto forte in tutto l’800, seppure la perdita del cognome femminile nella registrazione anagrafica ne fa perdere la immediata constatazione. Anche i Lazzari non appaiono completamente indigeni avendo rilevato una massiccia derivazione da un antenato nocigliese.
Tuttavia nel nucleo esaminato sono presenti tutte le peculiarità delle piccole comunità chiuse, molte ancora comuni come la paternità della sola madre, altre abbandonate come il matrimonio tra consangunei (cugini) o il matrimonio di fratelli con la stessa moglie (vedova).
La sorella di Giuseppe Antonio, Annunziata, non coniugata, genera Lazzari Giuseppe, da cui un’ampia discendenza di cognomi in Lazzari. Giuseppe Lazzari tra l’altro sposa Virginia Lazzari (sua cugina) figlia di Giovanni suo zio. Nonostante la perseveranza del cognome Lazzari in questo imparentamento l’esame del diagramma ci dice che concorrono al patrimonio genetico della successiva prole ben tre soggetti estranei al gruppo come l’antenata Frassanito Carmela, la madre di Virginia Domenica Carrozzo, e il padre naturale di Giuseppe, ignoto, probabilmente esterno alla consanguineità.
Altri cicli di consanguineità si rilevano nelle successive discendenze e sono stati evidenziati nel diagramma con i flussi opportunamente colorati.
La particolarità più evidente è tra i figli di Peppentoni, Amedeo e Luigi che sposano la stessa moglie. Siamo al terzo caso riscontrato durante lo studio degli imparentamenti tra castrioti negli ultimi due secoli. Alla morte del primo marito Amedeo che i più vecchi ricordano morire con lo scoppio accidentale di esplosivo nei locali dell’attuale ferramenta Fersini di via Di Mezzo, la moglie vedova sposa uno dei suoi fratelli. Mentre nel caso di morte prematura della moglie è facile osservare un nuovo matrimonio del vedovo con persona completamente estranea, nel caso di morte prematura del marito, si riscontra generalmente una lunga vedovanza e in questi casi un nuovo matrimonio nell’ambito familiare.
Le ragioni di queste nuove unioni possono nascere da molti fattori probabilmente sociali ed economiche. Una forte promiscuità familiare, gli interessi comuni del clan familiare allargato, l’assenza di soggetti coetanei, ragioni di mutua solidarietà. I matrimoni di questo tipo sono tranquillamente accettati dalla Chiesa che rispetta alla lettera il precetto “finché morte non vi separi“. Mentre il rapporto tra zio-nipote resta ostativo a ogni forma di matrimonio (sia in campo civile che religioso) lo scioglimento per morte della parentela tra cognati è totale per cui nulla impedisce il matrimonio della vedova con qualunque soggetto a lei non ascendente o discendente. Anche dal punto di vista genetico non si riscontrano riserve essendo la prole generata (fratellastri) impedita al matrimonio interno.
Non sappiamo se questo tipo di doppio matrimonio femminile, ormai abbandonato, abbia anche fondamenta nelle tradizioni culturali o religiosi. Non si può non pensare, infatti, al precetto biblico imperante tra il popolo ebreo per cui alla morte del fratello sposato era dovere di un altro fratello dare prole alla moglie rimasta vedova. Il peccato di Onan, uno dei più grossi equivoci della storia, fu appunto quello di non aver dato prole alla cognata pensando soltanto a divertirsi con lei senza fecondarla.
Giuseppe Antonio nacque nel 1866 ed ebbe figli (i Peppentoni appunto) molto conosciuti in paese ed anche fuori essendo presenti nella marina di Castro luogo di villeggiatura di tutto il mondo.
Ricordiamo Mario, nella foto sopra, Antonio, al secolo Mesciu Ntunucciu, falegname, artista, puparo, Angelo, detto Nino morto a Pola per gli esiti di malattie contratte durante la guerra. Anche Maria sposata a Vignacastrisi subì la morte del marito per le stesse ragioni. Tra i nipoti, ancora in attività dalle parti del porto, Angelo detto Mulese per via dell’abitudine di ripararsi le reti da solo come da tradizione dei marinai di Mola, mentre a Castro questa attività è caratteristica delle sole donne.
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