La peste di Noja del 1815
Più nota come una delle ultime grandi epidemie dell’ottocento, ma anche il ‘900 non scherzò affatto, o come la peste di Noicattaro, il contagio colpì il Regno di Napoli dal 1815 al 1816.
Si pensò subito che fosse stata importata dalla Dalmazia o dall’Albania e portata in Puglia da mercanti di filati e annidatasi a Noicattaro nel barese dove alla fine porto alla tomba più di 700 abitanti su un totale di cinquemila.
Dapprima trattata con ordinari interventi di prevenzione e parziale isolamento, divenne nell’ultimo anno una delle più feroci e spietate cure collettive che si ricordino. Noicattaro, che fino al 1863 aveva il nome di Noja, fu sbarrata, cintata da doppio fossato e linee di guardia con la pena di morte per ogni violazione all’isolamento. Nei primi giorni, per dare chiaro il segnale della fermezza delle nuove misure, due guardie che accettarono un mazzo di carte lanciato dall’interno della città furono giustiziate sul posto. Chi uccideva un evasore veniva premiato in denaro.
La sanità del Regno fu commissariata e affidata di fatto nelle mani dell’esercito. Il maresciallo Mirabelli operò con pieni poteri accettando sporadici consigli sanitari solo dal Supremo Tribunale della Sanità stante le diatribe sorte anche in seno alla medicina sulla natura e le cure della malattia. Nell’attesa di avere dati certi sui focolai di contagio e capire se il morbo fosse solo in Noicattaro o già disperso fuori dalle mura si pensò subito a impedire che altri contagiati arrivassero dall’altra sponda dell’Adriatico.
Con provvedimento reale si istituì un cordone sanitario lungo tutta la costa pugliese, compresi i porti, le spiagge e le scogliere più impervie. Le regole erano chiarissime e i protocolli altrettanto. Si penso a ogni evenienza, anche che il contagiato sbarcasse per causa di forza maggiore o in modo fraudolento o addirittura spiaggiato per naufragio in qualsiasi punto della costa. Dello stato delle cose, dagli antefatti e delle conclusioni, delle ordinanze emesse e dei risultati prodotti ci è tutto noto per la stampa nel 1816 del “Ragguaglio istorico della peste sviluppata in Noja nell’anno 1815” ad opera del Duca di Ventignano. Nell’opera, disponibile on line nella biblioteca pubblica di Google, si trovano anche le sorgenti di quegli echi che generarono i racconti di intere generazioni, a volte esagerati e distorti come quelli di mia nonna, su come trattavano i malati o seppellivano ancora “vivi” i morti con la bocca piena di calce. Le regole all’interno di Noja furono comunque spietate fino al punto di vietare funerali e processioni e a stabilire ogni procedura di vita e di morte sempre sotto pena della stessa.
Anche il piccolo Comune di Ortelle, secondo disposizione reale, si attivò alla bisogna. Titolare di un lembo di mare incerto tra le marine di Cerfignano e Porto Miggiano nominò alla bisogna guardie sanitarie tutti i cittadini maschi dai 18 ai 60 anni. L’elenco è stato ritrovato in originale ed è prima di tutto la radiografia dal punto di vista demografico di questo piccolo paesino del Salento che fa la sua parte di dovere. Anche Vignacastrisi ebbe a fare la sua parte per i terreni tra Porto Miggiano e Castro e così via verso sud e verso nord di Santa Cesarea ancora all’epoca inedificata. Vitigliano, comune autonomo fino al 1829, probabilmente procede anch’esso autonomamente.
Dal doppio fossato intorno a Noicattaro, alle cinte armate prima e dopo gli sbarramenti, e poi ancora quella a un miglio e poi ancora su tutte le strade comunali e provinciali fino alla cinta dell’intera provincia di Bari, toccò infine a tutti i sindaci e i decurioni delle comunità marine assicurare il controllo a vista della costa contro nuovi e qualsiasi tipo di sbarco. Corfù, come Malta era in pieno contagio, e a nulla sarebbe valso il sacrificio di Noja se altra peste fosse arrivata nuovamente dal mare.
D’ordine de re, con la sola esclusione dei preti, tutti i cittadini dei comuni rivieraschi dai 18 ai 60 anni furono nominati senza eccezione alcuna di censo o condizione guardie sanitarie. A tal disposizione restava obbligato anche qualche comune più interno se ritenuto opportuno. Gli ufficiali del Genio militare avrebbero individuato i punti di guardia, comunque tra una e due miglia e sempre a vista tra un posto e quello successivo. Il punto da fissarsi con un palo in legno e se il posto ritenuto idoneo fosse stato disabitato da attrezzarsi con baracche o pagliare provvisorie per almeno cinque uomini. I posti più a rischio con maggiore presenza rispetto a quelli più impervi e inaccessibili e comunque presenziati anche di notte con non meno di cinque guardie con l’obbligo di tenere acceso il fuoco di presenza. Turni, modalità di segnalazione del pericolo, funzioni, comandi e responsabilità tutte stabilite nell’ordine del Commissario Maresciallo. Alle barche da pesca viene imposto di uscire solo di giorno e restare a vista dei presidi entro le quattro miglia.
E’ da presumere che il segretario Pandarese che attesta l’elenco delle guardie del Comune di Ortelle abbia fatto più copie dello stesso e trasmesso copia a chi di dovere. Stante la responsabilità degli adempimenti a carico del Sindaco e del Decurionato cittadino firmano l’elenco anche loro.
Fino all’età napoleonica e anche per i primi anni dopo la Restaurazione, il decurionato era l’organo amministrativo della comunità. Era generalmente costituito da un numero di persone elette per sorteggio e sottoposto ad un rigoroso controllo dell’intendente della Provincia, in rappresentanza del re. Del decurionato potevano far parte solo gli iscritti nella lista degli eleggibili, approvata dagli intendenti su base censuaria (almeno 24 ducati di reddito per paesi fino a 3.000 abitanti) e per quota parte composto anche di analfabeti. In quel marzo del 1816 risulta sindaco Giovanni Demicheli con i decurioni Conti, Galati, Paiano, Tronci, (?) Galati, Alemanno, Lillo, Merico e Don Rizzelli come parroco per legge.
Il documento della lista è sulla prima facciata di un foglio piegato di cui le restanti tre facciate restano vuote. E’ una copia conforme come attesta il Cancelliere Pandarese in calce.
Le guardie sanitarie sono 50 (in realtà ne sono elencate 51) e precisamente:
- Giuseppe Micello
- Antonio Masafra
- Medico Masafra
- Vito Maggio
- Giorgio Rizzo
- Vito Picci
- Angelo Carluccio
- Ippazio Carluccio
- Vincenzo Carluccio
- Vitantonio Carluccio
- Vincenzo Abbate
- Arcangelo Strabaci
- Giorgio Cazzato
- Francesco Buffo
- Casimiro Buffo
- Domenic’Antonio Donadeo
- Vincenzo Musio
- Antonio Macculi
- Francesco De Luca
- Pasquale De Luca
- Fedele De Luca
- Michel’Angelo Pancio
- Giorgio Maggio
- Antonio Maggio
- Francesco Saverio Mauro
- Antonio Mauro
- Vito Carluccio
- Vincenzo Macculi
- Gabriele Gravante
- Pasquale Pispico (?)
- Ippazio Donadeo
- Donato Masafra
- Antonio Lanzilao
- Raffello Carluccio
- Donato Carluccio
- Vito De Luca
- Paolino Zappatore
- Angelo De Luca
- Ippazio De Luca
- Vit’Antonio Carluccio
- Cesario Mauro
- Oronzo De Luca
- ? di Donato Carluccio
- Venanzio Panico
- Vito Strabaci
- Pasquale Casciaro
- Antonio Conte
- Medico Donadeo
- Vito di Donato Carluccio
- Pasquale Greco
- Cirino Pede
Per i capo-posti, uno ogni squadra di cinque sono nominati.
- Rafaello Mastrangelo
- Ippazio Maggio
- Michele Conti
- Ferdinando Casciaro
- Trifone Rizzelli
- Domenico Tronci
- Rafaello Tempesta
- Giuseppe Casciaro
- Paolo De Luca
- Donato De Luca
Considerato che gli obbligati al servizio erano i cittadini maschi dai 18 ai 60 anni questo dovrebbe essere l’elenco dei residenti di sesso maschile in qualche modo abili alla guardia nel Comune di Ortelle nati tra il 1756 e il 1798 pertanto tutti nati nel Settecento. I cognomi sono tipicamente ortellesi e questo fa ritenere che i cittadini di Vitigliano e Vignacastrisi svolgessero un autonomo servizio per il cordone marittimo sulla costa.
Il primo censimento ufficiale dell’ottocento per il comune di Ortelle è del 1861 e riporta una popolazione di 1211 abitanti complessiva di Ortelle e delle due frazioni aggregate e quindi poco adatto a sviluppare considerazioni di natura demografica. Ritenendo il centro di Ortelle in crescita demografica con una base di soggetti maschili sotto i 18 anni di almeno 40 giovani e ancora di almeno altri 10 soggetti anziani o impediti al servizio di guardia, avremmo sulla sola base di questa lista una presunta popolazione maschile non superiore a 100-110 soggetti che raddoppiati per la presenza delle donne non porterebbe comunque la popolazione ortellese non superiore alle 250 unità. Il precedente censimento del 1748 (Catasto Onciario) riporta per Ortelle invece 349 cittadini per cui è da presumere che non tutta la fascia dei 18-60 enni partecipò al servizio del cordone marittimo sanitario.
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