I feudi disabitati di Cellino e Capriglia
Un contributo storico di Filippo Giacomo Cerfeda su L’Eco del Santuario, periodico del Santuario Madonna del Rosario di Pompei di Castromarina. L’analisi di alcuni documenti tardo medioevali che suggeriscono l’esistenza contestuale degli abitati di Cellino (disabitato) e Andrano, condizione che smentisce la storiografia ottocentesca che vuole Andrano lo sviluppo del feudo di Cellino. Alcuni passi sul feudo di Vignacastrisi e poi sul feudo disabitato di Capriglia. da L’Eco del Santuario anno XVI n.1/2011.
Riporto il testo integrale, ad eccezione dell’immagine del documento del 1715 citato.
NELLA CONTEA DI CASTRO
I FEUDI DISABITATI
DI CELLINO E CAPRIGLIA
di Filippo Giacomo Cerfeda
Cellino, Capriglia, Murtole, Fascece, “Santatìca“: piccole entità rurali a carattere prevalentemente agricolo, abitate nel passato da pastori e agricoltori a servizio dei feudatari della Contea di Castro o dei principati e marchesati limitrofi.
Nella memoria collettiva degli abitanti di Andrano è ancora vivo ed attuale il riferimento all’antica Cellino, ritenuta il primitivo nucleo abitativo dell’odierna municipalità. In realtà non è proprio così. Del feudo di Celiino attualmente conosciamo una modestissima documentazione. Tra le fonti più antiche possiamo certamente contemplare una dichiarazione del 2 aprile 1653, nella quale il notaio apostolico Tommaso Caffarino di Poggiardo “perquisito libro ordinatorum a quondam Reverendissimus Dominus Don Placidi Fabii, et D. Antonij Borni Episcopis Castrensis qui conservatur in Archivio Episcopalis Palatij Terrae Boardi, Inveni in folio 46 infrascripta declarationem videlicet. A di 15 di Decembre 1623 furono pagati à Monsignor Reverendissimo Antonio Bornio Vescovo di Castro ducati venticinque pervenuti, et essatti dalla Composizione delle Regaglie del quondam Andrea Baldassarro di Lecce, come Signore e Barone del feudo, e Casale disshabitato di Cellino nella Diocesi di Castro cossi convenuto, et accordato con detto Reverendissimo Monsignore da Giovanni Antonio Bianco di Tricase Zio dell’erede di detto quondam Andrea Baldassarro, quali ducati venticinque furno sborsati, e pagati à detto Reverendissimo per mano di Don Leone Strabaci Arciprete di Spongano in nome di detto Bianco per detti heredi Baldassarri, e per esser questa la verità Io clerico Regolo Caffarini ordinario attuario della Vescoval Corte di Castro ho scritto la presente a perpetua di tal fatto memoria. Data nel Palazzo Vescovile del Poggiardo il dì come di sopra (2 aprile 1653)”.
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Il documento quindi ci aiuta a scoprire un certo Andrea Baldassarro di Lecce, come “Signore e Barone del feudo, e Casale disshabitato di Cellino” nella Diocesi di Castro, alla cui morte i parenti pagarono al vescovo di Castro 25 ducati nel 1623. Un successivo documento (anche questo inedito) ci informa sul feudo disabitato di Cellino. Si tratta di un processo di appello celebrato in prima istanza nella diocesi di Gallipoli ed in seconda istanza nella Corte arcivescovile di Otranto.
Tra i beni patrimoniali di Francesco Gregorio Longo di Gallipoli, assegnati dai coniugi Domenico Antonio Longo di Andrano (notaio) e Camilla Pesiri di Gallipoli, con atto di assegnazione rogato dal notaio Carlo Antonio Alemanno di Gallipoli, rogato il 5 settembre 1714, si elencano i seguenti beni: “una possessione consistente in macinature sette in circa di olive in fronde, con due tumolate, e meza di Terra seminatoria, parietata à torno con parieti di pietre à sino con forno dentro sita e posta nel feudo inhabitato di Cellino nominata Cellino appresso li beni dell’heredi Giovanni Celio Lillo per levante, publiche vie per tramontana, e ponente et altri confini franca. E più uno Giardino con alberi comuni, e pergoliti parietato a torno sito nel feudo della Terra d’Andrano in loco detto S. Giargio appresso li beni della Baronal Corte di detta Terra d’Andrano per scirocco, li beni del Venerabile Convento di detta Terra per ponente, via publica per tramontana ed altri confini franco come il tutto chiaramente appare dal detto Istrumento d’assegnazione”. Segue tabellionato del notaio Carlo Antonio Alemanno di Gallipoli.
Del feudo di Cellino si parla anche in un atto notarile rogato dal notaio Vìto Antonio Russo di Diso e stipulato a Marittima il 19 novembre 1762. I coniugi Fortunato Arseni e Donata Corvaglia assegnano al Capitolo di Castro una possessione seminatoria, sita nel feudo di Cellino, per soddisfare un capitale censo di 25 ducati alla ragione dell’otto per cento. I tre menzionati documenti, quello del 1623 e gli atti notarili del 1714 e del 1762, rivelano, in tutta la loro originalità, l’esistenza del feudo disabitato di Celiino, piccola realtà scarsamente produttiva e lontanamente ambita dai feudatari, distinta dall’altra realtà territoriale di Andrano. Il piccolo paese di Andrano, ambito per la sua alta produttività agricola, ha visto per secoli un regime di feudalità a distanza, concedendo ai sudditi rarissime occasioni di conoscenza reale dei signori feudatari che si sono avvicendati nel suo governo. Si possono semplicemente enumerare gli esempi di Galeotto Spinola; dei principi Gallone di Tricase ma anche baroni di Andrano, che avevano fissato la loro stabile dimora nel castello di Tricase; i principi di Marano, tenutari di Andrano, residenti quasi sempre a Napoli e da quella capitale del Regno governavano e amministravano le loro piccole “tenute” di Montesardo e Andrano attraverso abili e valenti procuratori o governatori. Piccoli feudi o tenute quelle di Andrano e Castiglione ma ricche di beni materiali che solleticavano l’attenzione dei baroni per la qualità delle colture e per l’obbedienza dei sudditi. L’assenza o la non conoscenza di documenti anteriori al 1623 non ci consente purtroppo di fissare una datazione precisa del massimo sviluppo e vivacità del piccolo feudo di Cellino e del successivo spopolamento.
Simbiotiche ma nello stesso tempo distinte, per analogia, anche altre due comunità rurali vicine: quelle di Vignacastrisi e Capriglia.
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La stretta unità e l’intima coesistenza di situazioni inducono mons. Annibale Sillano, vescovo di Castro, a visitare negli anni 1654-1656 la Parrocchia di Vignacastrisi e ad effettuare contemporaneamente l’ispezione nel casale di Capriglia. Nella relazione della seconda Visita Pastorale, effettuata nel 1655, mons. Sillano fa annotare ai suoi convisitatori anche le cappelle intra ed extra moenia; così nel casale di Capriglia abbiamo notizie interessanti non solo sulla chiesa di Sant’Eligio ma anche sul rettore pro tempore, l’esistenza di benefìci di jus patronatus laicorum, il relativo patrimonio beneficiale, gli oneri di messe ed altri obblighi legati al beneficio. Il culto dei santi greci, Eligio e Sisinnio, era ancora intenso e fortemente radicato nella Diocesi di Castro, tanto è vero che di entrambi abbiamo testimonianza anche nelle Parrocchie di Diso, Vitigliano (presenza di Sant’Eligio nella cappella di Santa Maria de Pietate), e Cerfignano (presenza di Sant’Eligio nella chiesetta di Santa Maria di Costantinopoli)…
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Ma se di questa piccola appendice della Contea di Castro, quale il feudo di Capriglia, abbiamo testimonianza di vita religiosa attiva, attraverso gli Atti Visitali, non altrettanto possiamo dire di Cellino, tante volte documentato nei rogiti notarili, ma assente nelle carte ecclesiastiche.
Quello che emerge dalla lettura attenta e scrupolosa delle fonti è la netta distinzione tra i due poli abitativi: Andrano e Cellino, vicini geograficamente ma differenti per giurisdizione feudale e tributaria e gli altri due poli di Vignacastrisi e Capriglia. E, soprattutto per le prime due realtà, l’analisi documentaria concorre ad abbandonare l’idea, profondamente radicata nella mentalità popolare dell’antico luogo stanziale di Andrano e della successiva evoluzione onomastica di Cellino in Andrano.
Lungi dall’intenzione di screditare questo luogo comune, che ha spinto anche studiosi locali a identificare nell’antica Cellino il luogo primitivo e stanziale della moderna comunità di Andrano, si pone l’obiettivo di fissare delle coordinate di ricerca più ederenti allo studio e all’analisi dei documenti d’archivio che agli ingenui riferimenti e richiami alla letteratura storica divulgativa dell’Ottocento, ricca semmai di improprie citazioni e di imprecisi riferimenti documentari. Nella piccola monografia del sacerdote Giacomo Pantaleo, Dall’antica Cellino all’odierna Andrano, Ed. Salentina, Galatina 1978, è marcatamente presente la convinzione che Cellino sia stato il luogo primitivo dello sviluppo di Andrano. Lo si evince dalla stessa Presentazione dell’Autore, il quale consegna ai suoi concittadini un “filone della modesta e lunga Storia del paesello, che, nato col nome di cascinale Cellino in vista del mare e alle dipendenze della Contea di Castro, dopo un susseguirsi di vicende travianti e dolorose si stanziava nell’attuale sito”. Cfr.: G. Pantaleo, op.cit., pag. 5. Nella parte dedicata alle origini del paese di Andrano, l’autore scrive: “Andrano, perciò, avrebbe origini antichissime, sotto il primo nome di borgata Cellino”, ivi, op.cit., pag. 8. Infine, nella Carrellata Storica in versi, sulla storia del paese, lo stesso Pantaleo recita: “Mirò [un signore Del Balzo] anche a l’antica Celiino, da cui discendeva Andrano”, ivi, op.cit, pag. 36.
Il nostro auspicio rimane sempre quello di promuovere spazi di approfondimento e di valutazione delle dinamiche interne legate a piccole, se non minuscole, comunità rurali tardo medievali circoscritte nella storica Contea di Castro.
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