L’origine dei Cognomi
Alla fine del Medioevo, con l’aumento demografico delle popolazioni, si avverte la necessità di distingure in modo esatto ogni individuo. La vecchia tradizione romana, del prenome (nome personale), del nome (nome della famiglia), a volte il nome della stirpe e il soprannome proprio (Publio Cornelio Scipione l’Africano), era stata quasi del tutto abbandonata in favore di un unico nome personale anche dalle stesse famiglie nobiliari. I pleblei non avevano cognome, magari erano accomunati dal nome del datore di lavoro, gli schiavi il solo nome.
In Italia, così, i “cognomi” ritornano dapprima come appannaggio delle famiglie ricche (a Venezia già nel 1200 e nel secolo seguente in altre aree), anche se con qualche resistenza e ritardo, e poi si estende agli strati meno abbienti della popolazione.
L’istituzionalizzazione del cognome però, arriva solo con il Concilio di Trento, 1564, che fa obbligo ai parroci di tenere un registro ordinato dei battesimi con nome e cognome, per evitare matrimoni tra consanguinei. La verifica parentale prematrimoniale è obbligatoria e in caso di parentela (anche a livello di bisnonni materni) il matrimonio deve essere esplicitamente approvato dall’autorità ecclesiastica.
Di queste dispense, che attestavano l’assenza o la dispensa della condizione di parentela tra iscritti nei registri, se ne possono trovare di molto vecchie (anche del ‘700) per poche decine di euro su ebay.
Nella immagine una licenza matrimoniale del vescovo otrantino Vincenzo Grande del 1838 (anche vescovo di Castro).
Le ragioni per cui la Chiesa ostacolò in modo sistematico i matrimoni tra consanguinei è da ricercarsi nella volontà di impedire il perpetuarsi di clan familiari e di favorire una comunità indistinta di fedeli. Nei vari codici canonici si sono stabilite le regole parentali consentite, quelle assolutamente vietate e quelle soggette a dispensa vescovile o papale. In ogni caso le linee parentali andavano verificate in ogni modo e da qui la necessità dei registri e del pratico cognome. A escludere ogni dubbio a volte venivano a essere interpellati i vecchi del paese o si annotava a fianco del registro un breve albero genealogico degli sposi.
Un aiuto fondamentale veniva dallo Stato delle anime, uno dei cinque registri fondamentali istituiti sempre con la grande riforma seguita al Concilio di Trento (1545-1563), quando il Rituale Romano impone ai parroci di tenere appositi registri, precisamente cinque, sui quali annotare i battezzati, i cresimati, i matrimoni appunto, i defunti ed infine lo stato delle anime. In quest’ultimo, istituito con scopi essenzialmente pastorali, erano trascritti i gruppi familiari della giurisdizione della parrocchia e di ognuno, l’età, lo stato civile, ed in alcuni casi il gruppo sociale di appartenenza con specificata l’abitazione e occupazione. In pratica quello che poi in tutta Europa divenne, in epoca napoleonica, lo Stato Civile di molte nazioni.
Fino al ‘700 era possibile la formazione ancora di nuovi cognomi. Dall’800 in poi la norma fu molto conservativa e portò alla scomparsa di cognomi non perpetuati dalle linee maschili. Nuovi cognomi si formarono solo per fusione d’adozione o per assegnazione a trovatelli, in questo caso di assoluta fantasia.
Neppure l’istituzione del cognome fu risolutiva: si dovette ricorrere dapprima alla paternità e, in Italia, dal 1955 alla data di nascita, per distinguere le omonimie.
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