Addio Costa Serena
Non ti vedremo passare più. La canea dei giornalisti e del popolino ha già deciso. Sei troppo pericolosa. Hanno già deciso che un comandante di quel livello, con carte e scandagli e non è capace di avvicinarsi alla costa, fosse pure per entrare in un porto. Dopo due giorni hanno finalmente scoperto che la tua sorellina è morta per uno stupido gioco, per un inchino, una cosa di diletto che chiaramente in una vacanza, si vede, ci sta proprio male.
Ma dirlo, è come dire che un comandante e tanti validi ufficiali non sanno navigare, non sanno portarsi sottocosta per pararsi dai pericoli dei venti o sbarcare gente a terra in emergenza. Che non sanno avvicinarsi ad un porto, sia quello programmato che in un altro alternativo alla bisogna. Un paese isterico, che nel primo tempo batte le mani e poi nel secondo crocefigge, ha deciso che l’arte del navigare è un orpello inutile. Se ne stessero le navi al largo, pure quelle che devono fare una dozzina di entrate e uscite dai porti in una settimana. Di sbagliato in questa tragica storia c’è solo un errore di navigazione: potevano commetterlo in avvicinamento alla disabitata isola del Giglio o nel trafficato imbocco del porto di Genova. Lo hanno commesso in un punto dove nulla poteva essere scusato. Troppo noti quei fondali, troppo avanzata la tecnologia di bordo disponibile. Di questo solo hanno colpa il comandante e i suoi ufficiali fino al momento dell’abbordo. Aver sbagliato a navigare, che per un marinaio è un’accusa peggiore di quella di aver giocato con le tradizioni cameratesche delle navi crociera.
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